lunedì 5 aprile 2010

Non spegnete questa voce

Alla rabbia segue sempre una sorta di innaturale calma.
Ci si siede, ci si passa una mano tra i capelli e forse si riflette. Magari si piange.

Nella vicenda Merloni, la nascita di un Comitato ha attraversato questi mesi e settimane come un urlo gigantesco che si è propagato fino a rompere qualche timpano di troppo. Si sono vinte battaglie, ci si è scontrati contro una nuda realtà, crudele come solo i soldi sanno essere. Crudele come quest'Italia fatta di partiti, sindacati, tessere, voti, corruzione, scambismo. Schifo. Troppo schifo.

Viene la voglia dopo un timido risultato, dopo l'urlo che si è avuto il coraggio di gridare, di abbandonare. Di far finta che tutto sia stato solo una parentesi, un'esperienza, come la prima volta che si fuma o come una ribellione insolita.

Abbandonare. Tanto non si può vincere, tanto la gente non cambia, perchè "loro", queste persone che restano innominate perchè sono solo merda in bocca a chi ne parla, loro non cambiano.
Ma loro chi sono?I politici, i sindacalisti, i soliti noti?Non si sa. Non si sa più nulla.
E proprio per questo che si abbandona tutto VE LO POTETE SCORDARE.
Perchè è l'alba di un tempo nuovo e anche se il giorno forse sarà difficile da vedere, tutto sta cambiando.
Tutto.

E' tempo che non ci si fermi più davanti a nulla, nomi affari soldi furbate. Tutto deve venire fuori. Bisogna cominciare a lavare i panni sporchi, perchè così un Paese, un territorio come il nostro può finalmente rinascere e offrire alle generazioni di domani un luogo di cui non vergognarsi.

Fare un passo indietro, ma solo per prendere la rincorsa. Se uno ha paura di parlare parleremo insieme.

lunedì 1 marzo 2010

Il coraggio di essere coinvolti

Non è facile essere se stessi sempre e comunque...Lo so bene io che ho una famiglia e dei figli.
Ti alzi la mattina, in questa città dove tutto conosce tutti e tutti conoscono tutto, e pensi a far finta di niente, a evitare gli specchi perchè a guardarsi negli occhi ci si fa comunque un pò schifo.
Pensare che non sta succedendo niente.

Non pensare che mi hanno strappato via un lavoro che io mi sono sudato e nessuna tessera partitica o sindacale rappresenta il sudore che ho versato
Non pensare a quando stringevo i denti e mi mordevo le labbra e subivo le umiliazioni in silenzio per non essere licenziato e andavo a lavorare nei peggio posti della catena di montaggio, a spaccarmi le braccia pur di mantenere quello che era il mio presente e il futuro della mia famiglia.

Adesso che vedo qualcun altro lottare anche per me, abbasso lo sguardo e cammino veloce pensando a quanto, a quanto vorrei essere lì pure io...Perchè non ci sono?Perchè ho paura di essere coinvolto?

Perchè non sta succedendo niente, le fabbriche riapriranno, le umiliazioni torneranno e io...non posso niente contro tutto questo.

Chiedo scusa a tutti i ragazzi che hanno l'età dei miei figli, vent'anni o poco più.
La mia generazione è una generazione vigliacca, che pur di avere soldi e potere la dignità l'ha buttata via, l'ha dimenticata, l'ha rimossa. Ma non solo quella, anche l'identità...Si l'identità, perchè io non so più chi sono, mi sento solo uno dei tanti. Come una goccia del mare, per capirci.
Eppure qualcuno lotta anche per me.

Scusatemi tutti, pure voi che gridate con la mia voce anche per conto mio, se stasera non sono lì a ridere o piangere insieme, a scrivere messaggi, volantini, a fare il punto della situazione.
Ma non sta succedendo niente, e chi sono io per compromettermi così?Per sfidare questo sistema?
Le fabbriche riapriranno e io tornerò a essere umiliato. Voi forse no.

Io tornerò a essere umiliato, voi no.
Come sempre.

Andate avanti. Non mollate.

martedì 16 febbraio 2010

Miseria e Nobiltà

Non posso credere di essere rimasta senza il mio lavoro.
Prendetela come un piagnisteo, un continuo lamentarsi addosso, ma io faccio ancora fatica ad abituarmi. Eppure di mesi ne sono passati.

Per una donna non pensiate che sia facile restare senza niente tra le mani, da un giorno all'altro.
Con uno stipendio da fame, riuscire a mettere in piedi un pranzo e una cena, a dare ai miei figli la parvenza di una vita normale.

Non pensiate che sia facile dormire la notte, quando la mattina dopo ci si sveglia ed è un altro giorno, identico a quello di ieri e identico a quello di domani.

Io sono fuori mercato. Cosa significa? Significa che per questa società io non ho diritto di cercarmi un' occupazione perchè non servo più.

Io per lo Stato devo accontentarmi dell'elemosina che ricevo, e dire persino grazie mille con gratitudine vera. La cassaintegrazione i politici non sanno nemmeno cos'è. Non sanno come si vive con 4 soldi, i problemi che ci sono, perchè non hanno l'umiltà di sentirsi dei privilegiati, non ha il senso della nazione, ma solo quello personale, anche se sentendo queste parole qualcuno farà il finto indignato e minaccerà magari querela, chiedendo soldi ovviamente. Perchè gli affamati di denaro non conosco l'anoressia, al massimo sono sempre bulimici.

Ho una rabbia dentro che graffia più della puntina del giradischi su un vecchio vinile.

Politici, sindacalisti, che mi dite di star calma, di sorridere, di sentirmi fortunata.. Vi prego. Non fatelo più. Vorrei prevalesse dentro di me sempre e solo la speranza e la forza di andare avanti nonostante tutto. Perchè se fosse la rabbia a prendere il sopravvento, allora sarebbe davvero finita la possibilità che si crei in un futuro qualcosa di migliore per i nostri figli.

Lavoro all'Antonio Merloni da non molti anni. Prima mi avevano detto che le donne non le assumevano e quando è stato possibile ho lottato disperatamente per l'impiego in questa azienda. Anche contro la mia dignità.

Oggi per pagare l'affitto e mantenere i miei figli ho dovuto integrare la cassaintegrazione con un lavoro in nero.
Faccio la donna delle pulizie e guadagno 6 euro l'ora.
Mi spacco la schiena dalla mattina alle 8 per 10 ore , senza nessun diritto lavorativo, ma lo faccio solo per i soldi.
All'improvviso.. mi sono sentita immigrata anche io..come le badanti dell'Est. Non mi sentivo più italiana, perchè lo Stato c'è solo quando deve chiedermi le tasse, e la politica c'è solo quando ci sono le elezioni per chiedere voti, per strappare promesse.

Non chiedo nient'altro se non il mio vero posto di lavoro, nella catena di montaggio a fare frigoriferi. Niente di più. Non un euro di troppo.

Sono sfiduciata..lo so le cose non cambieranno...ma chissà che qualcuno domani come me, non vergognandosi di raccontare la sua storia, possa riuscire a smuovere le coscenze di chi dovrebbe aiutarci, di chi dovrebbe rappresentare lo Stato e non abbandonarci.

Vado perchè è tardi e domani un altro giorno arriverà.

domenica 14 febbraio 2010

Buongiorno, Presidiante

ORE 6 : 30, la sveglia suona.

Bisognerebbe togliere le tele dagli angoli di questo soffitto. Magari passare una mano di bianco alle pareti. Qua dentro in tutto ci sarò entrato 10 volte da quando lavoro qui. Nemmeno il tizio che dorme nella branda vicino alla mia, lo conoscevo prima di entrare in questa stanza. E' un mio collega.
Sto ancora fissando il soffitto. E' tutta la notte che lo faccio. Credo che sia perchè ho dormito talmente scomodo che ho i muscoli del collo atrofizzati.

Non l'avrei mai creduto. Di ritrovarmi così, eh.

Qualche anno fa, mi ero cercato un lavoro per comprare una casa, mettere su famiglia, cose così insomma. Mi sono guadagnato tutto fino all'ultimo centesimo. Sono entrato nell'azienda Merloni che ero un ragazzo. La catena di montaggio mi ha massacrato. Frigoriferi, lavatrici. E metti una vite, mettine due, cento, mille. Per 8 ore al giorno. La prima settimana pensavo di morire. E tutti i miei colleghi li vedevo come dei marziani, non credevo fosse umanamente possibile resistere a un lavoro come questo. Però il tempo passava, i guadagni erano ottimi. E i tendini rovinati non li sentivo più. Di notte ormai non ci facevo più caso.
E' un lavoro di merda, intendiamoci bene.

Quindi oggi mi chiedo: come mai sono qui a difenderlo?Perchè da tre giorni dormo in una branda da campeggio, chiuso dentro a una stanza e a svegliarmi invece dell'odore dei cornetti caldi c'è quello dell'inchiostro delle fotocopie appena stampate?

Bella domanda. Complimenti.

Io direi che c'entra la dignità. Si si è così. C'entra l'orgoglio di sentirsi onesti, in questo Paese di furbi. All'inizio della crisi, quando guardavo in televisione operai di altre aziende protestare per mantenere il loro posto di lavoro, scuotevo la testa e non mi sapevo spiegare il perchè di tanto casino... che poi le cose non cambiano mai.
Ora che tocca a me alzare la voce, capisco tutto.
Capisco l'intima esigenza che si ha, quando all'improvviso ci si sveglia e si tocca il fondo della nostra umanità. Io ho lavorato tutta la vita, e lo ripeto e sarò ripetitivo nel dirlo. Ho lavorato onestamente, senza chiedere niente a nessuno, senza rubare, senza delinquere. Poi guardo la società e mi accorgo che quelli come me, lavoratori, non solo sono quotidianamente derisi e presi in giro dalla politica, ma l'immagine che c'è di noi nei programmi televisivi, sui giornali, è pure peggio della derisione. C'è l'indifferenza.
Ed ecco, quindi, che io sono qui ad occupare questa stanza della mia azienda, l'Antonio Merloni di Colle di Nocera Umbra, non più soltanto per mantere quello che è un MIO DIRITTO, cioè il posto di lavoro che ho sudato e meritato con la fatica, in tutti questi anni, ma sono qui anche per dire a tutta la gente di tutta l'Italia, il mondo, l'universo, a Dio stesso che avrò fatto pure la terza media e sarò un ignorante totale, un cosidetto cittadino medio, ma di ciò che sono stato, sono e sarò NON MI VERGOGNO. E ai miei figli, se un giorno ne avrò, potrò guardarli neglio occhi . Se avranno da mangiare solo il pane lo potranno mangiare con orgoglio, perchè il loro padre non ha rubato mai e si è guadagnato fino all'ultima briciola, pagando fino l'ultima tassa a questo Stato infame. Quanti figli potranno fare lo stesso?Quanti potranno non vergognarsi dei loro padri?

Per tutto questo ho accettato di essere qui ad occupare questa stanza dell'azienda Antonio Merloni. Lavoro, diritti, dignità.

Ora mi faccio un caffè, ci sono ancora 120 volantini da stampare.

giovedì 11 febbraio 2010

Papà tu che lavoro fai?

Siamo a Colle di Nocera Umbra, Azienda Antonio Merloni.
Un tempo tanti papà di questa zona dell'Umbria lavoravano in questa fabbrica per costruire il futuro dei loro figli.
Era un onore lavorare lì. Lo potevi dire a testa alta, in giro, al supermercato, nei negozi di abbigliamento, dal parrucchiere, dal pescivendolo...Potevi aprire una finestra e urlarlo forte: "IO SONO UN OPERAIO DELL'ANTONIO MERLONI". Magari la gente ti prendeva poi per scemo, ma in sostanza era d'accordo sulla fortuna che capitava in una casa, quando uno dei familiari, soprattutto il capofamiglia, era stato assunto in quell'azienda.

"Era meglio di un posto da statale..."

Non si poteva dire il contrario. Lo stipendio era ottimo, il lavoro abbondante e poi e poi sì c'erano le cene aziendali, mio Dio un vero spettacolo, un evento.
Era come una tradizione, un appuntamento fisso, tutta la popolazione aspettava le cene di Merloni che cadevano nel periodo natalizio. Ci si comprava il vestito nuovo, le scarpe perfettamente lucide, si mettevano apposto i capelli per quella serata.
E i regali?Si ricevevano persino quelli e non solo per gli operai ma soprattutto per le loro famiglie: orologi, biciclette... Mai visto nulla di simile.
Lavorare all'Antonio Merloni era come vincere alla lotteria. O molto, molto di più.

"... io sono sposato da 24 anni, ho 3 figli, di 20, 15 e 9 anni. Cassaintegrato dell'Antonio Merloni. Guadagno circa 80 euro al mese. L'altra sera mia figlia più piccola mi ha chiesto: "Ma tu papà che lavoro fai?Perchè resti a casa la mattina, mentre gli altri papà vanno a lavorare?" E io l'ho abbracciata forte la mia principessa, ma poi sono uscito e non le ho risposto. E ho pianto, forse per la prima volta di dolore e vergogna in 48 anni.
Chissà se un giorno i miei figli potranno perdonare il fallimento di loro padre...Se riusciranno ad avere un futuro nonostante tutto...
Mia moglie è staordinaria e non abbassa mai la testa, perchè dice che almeno noi questi soldi anche se pochi ce li siamo guadagnati senza rubarli, senza evadere le tasse, senza fare i furbi. E quando la guardo imbandire la tavola come se fosse un giorno di festa nonostante i soldi per la spesa non ci siano, e i prodotti siano quelli del discount, mi sento malgrado tutto, fortunato. E penso che se sopravvivo è solo grazie alla forza e alla speranza che un giorno, non troppo lontano, restituirò ai miei cari l'orgoglio di avere un padre e un marito che di mestiere fa l'operaio."

L'inizio vuol sempre la sua parte

Il nostro Paese, l'Italia, è stato la culla delle arti letterarie per secoli.
Dante,Petrarca,Boccaccio,Foscolo,Leopardi,D'Annunzio,Pascoli,Pasolini. E non solo. Una serie infinita di storie, racconti, poesie. Una serie di nomi da brivido che nella mente dei più forse evocano solo numeri: 2, 5, 4,0. Insomma i voti di scuola, quelli che si prendevano più volte in un anno e contribuivano a rendere la pagella scolastica, una schedina del totocalcio.

Oggi, in Italia, non c'è posto per questi nomi.
Perchè?
Perchè nell'attuale presente italiano è inconcepibile che una letteratura libera da qualunque interesse (economico, politico...),con diritto, racconti della realtà.

In Italia ci sono storie che non si possono scrivere. E i motivi portano sempre un nome e un cognome. O magari più di uno.

Forse anche in questo diario molte cose parteciperanno di questo silenzio all'italiana. Come mai? Non lo dico, per vergogna. La vergogna di un'italiota vera.

Tuttavia, la realtà che troverete in queste elettroniche parole, sarà vera. Dura e reale. Realtà Reale, come prima tappa per riappropriarci di un Paese che sembra non appartenerci più.

"Io che tutti i giorni lotto e sopravvivo. Autobus in panne, tasse da pagare, il bancomat che non funziona, un lavoro da cercare. Un lavoro dove morire, senza dignità, perchè mio padre non era nessuno, una nullità. Nessuno sono io, per questo Stato senza nome, per i politici cazzari, per la pubblica opinione.
Fuori. Fuori dalla casa pignorata. Fuori dai cancelli dell'azienda. Fuori dalla vita. Senza mercato, come una merce scaduta, un oggetto inanimato. Ma io sono un eroe. Io che tutti i giorni lotto e sopravvivo.
Quando cantate l'inno nazionale, ricordatevi chi costruisce l'orgoglio di cui vi vantate."